Droni: la nuova frontiera della riforestazione.
Ambiente

Droni: la nuova frontiera della riforestazione.

La BioCarbon Engineering vince il Global Grand Challenge Award con un progetto di riforestazione su larga scala e la DroneSeed ha già iniziato a operare sul suolo americano: le pratiche di riforestazione a tecnologia UAV sono destinate ad affermarsi come un palliativo efficace per contrastare la deforestazione globale.

La categoria Ambiente del Global Grand Challenge Award della Singularity University ha visto trionfare la BioCarbon Engineering, start-up con sede a Oxford. Il premio, assegnato i primi di settembre e istituito dall’affermata realtà della Silicon Valley, è tra i riconoscimenti più significativi per i progetti mirati a combattere le grandi sfide globali dei nostri tempi sfruttando le tecnologie esponenziali. In questo caso, a ottenere l’attestato, un’iniziativa che da qualche anno è sui tavoli di governi e conferenze internazionali: le pratiche di riforestazione a tecnologia UAV (Unmanned Aerial Vehicle), ossia basate sui droni.

Secondo il rapporto della FAO, negli ultimi 15 anni la deforestazione ha causato la perdita di quasi 130 milioni di ettari boschivi. Sebbene il fenomeno stia segnando una lieve contrazione, l’intervento attivo dell’uomo per rimediare al proprio operato distruttivo è ancora lontano dall’essere apprezzabile, con il solo 7% delle foreste mondiali che risultano piantate e non naturali. La principale causa del mancato apporto è dovuta a difficoltà, rischi, tempistiche e costi della riforestazione manuale, lungi dall’essere in grado di reggere il confronto con la deforestazione su scala industriale.

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Di rimando, le nuove frontiere della bioingegneria promettono l’unica risposta che potrebbe concretamente fungere da palliativo: una contro-azione su scala globale. “Pianteremo un miliardo di alberi ogni anno” – afferma Lauren Fletcher, CEO della BioCarbon Engineering – “un intervento su larga scala è l’unico modo per ribaltare il trend negativo e dare il via a un effettivo cambiamento globale cercando di porre rimedio a tutti i danni di cui noi uomini siamo responsabili”.

Durante la recente COP21, i principali Capi di Stato hanno commissionato un intervento per risanare 350 milioni di ettari di terreno entro il 2030, con piani di investimento mirato su nuove tecnologie. La soluzione innovativa proposta dalla BioCarbon Engineering prevede la semina di precisione. I droni, volando a un’altezza di circa 2 metri dall’area deforestata, effettuano una mappatura 3D e selezionano siti idonei al processo. Grazie a un’ala designata per trasportare dei baccelli biodegradabili di sementi pre-germinate, questi vengono sparati sul terreno servendosi della forza propulsiva fornita da una bombola d’aria pressurizzata. Una volta piantumato nel suolo in posizioni ponderate, il baccello viene attivato dall’umidità e sfrutta le sostanze nutritive contenute in una sostanza gel in cui è incapsulato per velocizzare i tempi di crescita della pianta.

Secondo le stime del progetto, la tecnologia UAV ridurrà dell’85% il costo di piantumazione rispetto alle tecniche attuali e non serviranno più di 150 addetti ai lavori per raggiungere l’obiettivo di 1 bilione di alberi all’anno. Il primo progetto della BioCarbon Engineering dovrebbe partire a breve in Sud Africa, ma quella inglese non è l’unica realtà che ha deciso di puntare sul settore. Negli USA, con un sistema simile, la DroneSeed ha già avviato la riforestazione di alcuni stati del Nord ed è vicina a ottenere i permessi per poter applicare degli erbicidi volti a bonificare il terreno dalla vegetazione invasiva che potrebbe ostacolare la riuscita della semina.

In realtà, la piantumazione su larga scala non è una novità assoluta: dal 2013 il governo thailandese sta lanciando bombe di semi sulla foresta di Phitsanulok per contrastare in parte quella che, nella regione del sud-est asiatico comprendente Cina, Cambogia, Laos, Malesia, Myanmar e appunto Thailandia, è universalmente riconosciuta come la peggior deforestazione del globo: 480mila gli ettari annui scomparsi nel primo decennio del nuovo secolo, centinaia le specie di mammiferi, uccelli e anfibi minacciati. Con una precisione decisamente inferiore a quella offerta dalla moderna tecnologia UAV, la prima bomba a semi adottata su larga scala risale addirittura al 1999, quando la Lockheed Martin, celebre azienda di ingegneria aerospaziale, piantò quasi 1 milioni di alberi in un giorno grazie all’ausilio di un aereo militare.

Nell’ultimo periodo, la declinazione verde dei droni ha iniziato a suscitare anche l’interesse italiano. A Mestre, la scorsa primavera, Coldiretti e Confindustria Veneto si sono accordati per perfezionare la tecnologia UAV al fine di favorire la sempre più ricercata agricoltura di precisione, coinvolgendo 50 agricoltori veneti in un corso di formazione. Sul tavolo dell’accordo diversi progetti che includono trattamenti mirati con agro-farmaci, gestione dell’irrigazione, diffusione di insetti utili in frutticultura e individuazione di malattie fungine, mentre, sempre tramite droni, cominciano a prendere forma anche le prime pianificazioni per iniziative di monitoraggio ambientale nazionale.

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